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Il piano di confindustria

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Post by Ninus Thu 29 May 2008, 14:16

dal quotidiano Il Sole 24 Ore

Dobbiamo mutare gli assetti contrattuali – ha scandito – . Abbiamo un mondo del lavoro che è agli ultimi posti per flessibilità e produttività. La nostra produttività è calata, a fronte dei rialzi di Spagna e Germania. Ma non è certo perché i nostri lavoratori siano meno bravi di quelli degli altri».

«Occorre coniugare salari e produttività ha detto Marcegaglia. E per farlo proponiamo di allegge-rire il contratto nazionale, limitandolo alle regole di base e a parte della retribuzione. Non di eliminarlo, ma di alleggerirlo sì, incrementando la componente aziendale. Anche perché il Paese è fatto di molte realtà diverse. E i settori sono differenti ». La riforma dei contratti, dunque, è l'obiettivo primario. «Da domani aggiunge la presidente siamo disposti a sederci a un tavolo con i sindacati. Su questa linea, c'è la nostra disponibilità a chiudere in tempi rapidi. In pochi mesi. Entro settembre». Anche se la presidente, su un punto, è netta: «Non possiamo accettare condizioni che ricordino la scala mobile e che ci portino fuori dall'Europa».


La ricetta è sempre la stessa. La produttività (Pil pro capite prodotto per ora lavorata) si può aumentare in due modi:
a) spostando la produzione in settori a più alto valore aggiunto, cioè sui quali c'è meno concorrenza internazionale e che quindi possono vendersi a prezzi più elevati (che sono quelli più difficili da produrre)

b) diminuire i salari per essere più competitivi sui prezzi producendo quello che si produceva prima (abbigliamento, scarpe, e robe del genere).

Naturalmente siccome gli imprenditori italiani non sono capaci di investire in settori buoni (chi si ricorda come abbiamo perso l'Olivetti, poi trasformata in Omnitel dal genialoide imprenditore proprietario dell'Espresso De Benedetti rilevata dall'inglese Vodafone) e l'istruzione italiana fa schifo, salvo rare eccezioni non sfruttate adeguatamente (fuga dei cervelli), si sceglie la seconda strada.

La cosa che mi rasserena l'umore è che gli elettori (più di uno su due) che hanno votato per partiti che sostengono questo governo, soprattutto operai del nord, precari, disoccupati del sud e impiegati di quel che resta del cosiddetto "ceto medio" avranno ciò che si meritano.
Una magra consolazione, ma pur sempre una bella soddisfazione.
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Post by Ninus Thu 29 May 2008, 14:35

Epifani da Repubblica
E perché i primi provvedimenti presi dall'esecutivo, (detassazione degli straordinari e taglio dell'Ici) non convincono la Cgil. Che manda un segnale anche a Confindustria. La trattativa per il rinnovo del modello contrattuale "non è una sfida tra chi è più furbo e chi è più fesso" dice Epifani che considera "Emma Marcegaglia un interlocutore serio e rigoroso"
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Post by Shelby Sat 31 May 2008, 19:09

Io mi permetto di pensare che chi ha votato per quelle persone che oggi sono al governo non capiranno assolutamente nulla di quello che sta accadendo, anche perché, se qualche dubbio dovesse loro venire, certamente i mezzi di informazione di massa (la tele in primis) agirà per farglieli passare, incolpando la sinistra o i comunisti o gli stranieri o qualcos del genere.
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Post by Ninus Sat 31 May 2008, 21:18

incolpando la sinistra o i comunisti o gli stranieri o qualcos del genere

Mi stupisco come le persone possano credere, proprio intendo credere nel senso di fede, di affidarsi a ciò che dicono uomini/donne politici/e senza nessuna argomentazione convincente, sempre alle stesse stupidaggini, anche dopo 100 anni, dopo 50, dopo 20, dopo 10, ogni anno.

Forse è proprio questo il problema della "delega" della democrazia rappresentativa. Se non è utilizzata in modo "attivo", chiedendo spiegazioni e risposte, limitandosi alla semplice "fiducia incondizionata", insomma una carta quasi bianca, accade quello che accade in Italia.
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Post by Shelby Sat 31 May 2008, 21:29

Comincio a pensarlo anche io, la gente pensa che il proprio delegare non abbia una responsabilità. questa cosa mi urta, mi rende ancora più furiosa. Perché non ci cominciamo a rendere conto di quali sono le nostre responsabilità, quando votiamo, quando non votiamo, quando scegliamo in tutti i sensi!!
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Post by Ninus Sat 31 May 2008, 22:27

Se pensi alla Svizzera sembra un altro mondo.

Il popolo svizzero è chiamato a votare circa quattro volte all'anno su una ventina di questioni di importanza nazionale. Ci possono essere anche più referendum ed/od iniziative a livello cantonale e comunale, su questioni prettamente locali come l'acquisto di quadri particolari per il museo municipale, l'orario di apertura dei negozi, una modifica della destinazione d'uso di un terreno. Le autorità locali cercano di far coincidere le proprie votazioni con quelle nazionali, in modo da non chiamare gli elettori alle urne troppo spesso.

Anche se un’iniziativa non è approvata, il dibattito che ne deriva costituisce un importante contributo alla vita politica, e può spesso cambiare gli atteggiamenti a lungo termine.

Ovviamente questo applicato all'Italia ha dei costi organizzativi forse esorbitanti.
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Post by Shelby Sun 01 Jun 2008, 00:29

a me sembra praticamente impossibile, gli italiani non arrivano a capire che questo governo non può risolvere i problemi dell'Italia soprattutto perché sul primo ministro grava un conflitto di interessi grande quanto tutta la terra, come possiamo pensare che potrebbero decidere razionalmente e coscienziosamente su temi di cui non hanno nemmeno la minimissima idea?

Forse noi siamo troppo avanti rispetto al nostro popolo.
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Post by Shelby Sat 21 Jun 2008, 16:33

Riporto dal blog di Daniele Luttazzi:

Scartamento ridotto
L'economista Luigi Spaventa scrive oggi su Repubblica che le imprese italiane hanno la grave colpa di non avere innovato e di non aver investito ( la spesa in ricerca e sviluppo è la metà della spesa media europea ). Lo scrivevo un anno fa in Lepidezze postribolari:

" Quanto alle imprese, fra taglio dell’Irap ( finanziato col trasferimento del Tfr all’Inps ), la compensazione di questo trasferimento col credito bancario, i crediti di imposta, gli incentivi per la ricerca, le imprese avranno un beneficio di sei miliardi nel 2007, nel 2008 oltre undici miliardi : un terzo della finanziaria.

Eppure è Confindustria che all'inizio si è lamentata di più. Confindustria, che avendo appoggiato il governo Berlusconi e le sue soluzioni miracolistiche, è una delle maggiori responsabili della situazione in cui siamo. Hanno perso ogni titolo per mettere bocca: è ora che smettano di lamentarsi e che adoperino tutti questi soldi in più che gli dà la finanziaria per quelle innovazioni che gli permettano di fronteggiare il mercato internazionale e ridare dignità ai lavoratori. Mediobanca ha scoperto che l’anno scorso le imprese hanno guadagnato tantissimo ma hanno ridotto gli investimenti. Perché?
Non è che le imprese possono sempre puntare sulla riduzione del costo del lavoro, sul precariato di massa e l’abolizione dei diritti dei lavoratori!

Secondo Bankitalia, dal 2000 il costo del lavoro da noi è aumentato del 23%, mentre in Francia e Germania è diminuito tra il 5 e il 10%. E non per colpa dei salari, che all'estero sono aumentati più che in Italia; ma della produttività, che da noi cala, mentre all'estero è aumentata del 20%. Il motivo è che i nostri imprenditori non investono, non fanno ricerca, non innovano. La flessibilità è il surrogato degli investimenti."
( Lepidezze postribolari, pp. 308-9 )

Oggi ci è arrivata anche Repubblica. Meglio tardi che mai.

Sono convinta ci siano italiani più evoluti e che questi siano di gran lunga in minoranza.
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Post by Ninus Sat 21 Jun 2008, 17:27

Già, Luttazzi è veramente bravo.
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Post by Ninus Sat 05 Jul 2008, 12:37

Sul Manifesto del 3 Luglio si trova un interessantissimo articolo dell'economista Joseph Halevi.

COMMENTO
Per gli aumenti salariali prezzi e produttività
Joseph Halevi


Tutti ormai concordano che i salari reali siano in forte calo. Il fenomeno è assai diffuso in Europa, ma in Italia è peggiore che altrove e lo si nota con il drastico impoverimento della famiglie. Da ciò nasce la giusta convinzione che bisogna arrestarne la caduta. Benone allora? No, perchè qui comincia l'imbroglio che, per i sindacati, si annuncia insidioso e pericoloso come le sabbie mobili. Da Draghi alla Marcegaglia si canta infatti in una sol voce: «è vero, i salari reali sono in calo ma non si deve ricorrere alla loro indicizzazione ai prezzi altrimenti si aggrava la spirale dell'inflazione. L'unico modo per rilanciare i salari è aumentare la produttività: quindi ci vogliono più stimoli alla concorrenza, alla flessibilità eccetera eccetera». Alla fine si ricade nel solito statico discorso della flessibilità come unica ricetta per tutte le occasioni.
Questa è pura reiterazione ideologica, l'insidia risiede nell'aspetto pratico cioè nel far dipendere ogni eventuale aumento salariale dagli incrementi di produttività. Infatti sia Draghi che Marcegaglia quando parlano di incrementi salariali conseguenti ad aumenti della produttività mettono a confronto, in maniera volutamente ambigua, due termini eterogenei. Per aumenti salariali i due esponenti del capitalismo italiano si riferiscono soltanto ai salari monetari mentre gli incrementi di produttività vengono sempre calcolati in termini reali, al netto degli aumenti dei prezzi alla produzione.
La linea Draghi-Marcegaglia presuppone pertanto che i salari monetari possano aumentare, poniamo, del 3% solo se la produttività è nel frattempo cresciuta più del 3%. Tuttavia se, nello stesso periodo di tempo, i prezzi al consumo hanno subito un incremento del 3,6% i salari reali patiranno un calo dello 0,6%. Ne consegue che per mantenere il loro potere reale, i salari dovrebbero crescere 3,6%, mentre per non perdere terreno nei confronti della produttività dovrebbero aumentare di un altro 3% o giù di lì, per un totale del 6,6%.
Prima del pessimo accordo sul costo del lavoro del 1992-93, che sganciò definitivamente i salari dall'inflazione effettiva, nessuno avrebbe osato sostenere che l'aumento dei salari monetari debba essere ammesso solo dopo aumenti di produttività in termini reali. La posizione Draghi-Marcegaglia consiste nell'impedire che il potere d'acquisto dei lavoratori venga protetto da un'inflazione che essi non hanno causato. Solo sudando ed usurandosi di più essi potranno sperare in qualche recupero sul piano puramante monetario. In un'economia terziaria un calcolo oggettivo della crescita della produttività è impossibile. Dato il contesto politico ed ideologico essa può risultare sovente inferiore alla dinamica dei prezzi con ulteriore perdite dei salari reali. E la tendenza è questa.

Solita ricetta: flessibilità + diminuzione salari reali.
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Post by Shelby Sat 05 Jul 2008, 13:05

Ora dico: se non funziona, perché perché non cambiamo?

Risposta: non ce la possiamo fare né a capire, né a cambiare.

Solita storia.
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Post by Ninus Sat 05 Jul 2008, 15:53

Si legge oggi su Repubblica:

L'allarme lanciato da Confcommercio, (gli acquisti sono calati (-2,7%) per il settimo mese consecutivo) è fatto apposta per testimoniarlo. A fronte di una previsione sul valore complessivo dei saldi estivi che si aggira intorno ai 4 miliardi, con un'incidenza dell'11,2% sul fatturato annuo del settore. Per il momento si segnalano code davanti ad alcuni negozi milanesi e alcune stime che danno gli acquisti in calo al sud.

Da 16 anni si comprime la domanda interna per evitare deficit commerciali (che non si autoregolano poichè la politica della Bce non è fatta soltanto per l'Italia ma per tutti i paesi dell'area, anche per quei paesi che crescono, fortunatamente).
Perchè non vendono i vestiti alla domanda estera? Il piano di confindustria 207830
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Post by Ninus Fri 11 Jul 2008, 12:40

Tra le sorprendenti leggi proposte dal governo Berlusconi, c'è un emendamento alla manovra finanziaria - nascosto come tanti altri in un testo di inizio luglio - che andrà a legalizzare di fatto il lavoro nero. La denuncia viene da Cesare Damiano, ex ministro e responsabile del Lavoro per il Pd: si abrogherebbero le sanzioni per tutti quegli imprenditori che venissero sorpresi nel corso di una visita ispettiva con lavoratori in nero; è essenziale, però, che mostrino la «volontà di non occultare il rapporto». In poche parole: se l'ispettore trova i lavoratori non registrati, basta ammettere che lo sono per evitare le sanzioni. Secondo Damiano, si vuole affossare una norma varata dal governo Prodi che, proprio per evitare il ricorso al sommerso, imponeva alle imprese di registrare il lavoratore almeno il giorno prima dell'inizio dell'attività; in questo modo, oltretutto, si possono anche evitare il gran numero di infortuni che accadono - chissà come mai - proprio nel primo giorno di lavoro (per il fatto che l'impresa registra il lavoratore solo a infortunio avvenuto, o addirittura dopo la sua morte).

da http://ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/10-Luglio-2008/art34.html
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Post by Shelby Fri 11 Jul 2008, 17:04

Mancanza di interesse a regolarizzare, perché, comunque, è sempre meglio non farlo, è più conveniente.

Chi ha interesse a risolvere il problema della sicurezza sul lavoro o della lotta al lavoro nero? Mi permetto di rispondere: nessuno, tanto la gente ha bisogno di lavorare, di manodopera disponibile ce ne sarà sempre, ancor più se immigrata irregolare, per cui non denunciabile.
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