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Raccolta di materiale interessante

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Post by Shelby Fri 11 Apr 2008, 01:14

Mi è capitato un sacco di volte di voler segnalare una pagina, un articolo o qualcosa di simile, anche solo un'immagine, ma altrettante volte ho pensato fosse esagerato aprire un topic singolo, dato che magari non avrebbe dato vita ad un vero e proprio dibattito. Per cui ecco un posto in cui raccogliere queste pagine, male che vada, sarà una sorta di archivio personale.

Inizo io con un'intervista a Boosta dei Subsonica:

''Italia 7a potenza industriale. E se fosse la prima nella cultura?''

di Stefano Corradino
Davide Di Leo, in arte “Boosta” è il tastierista della nota band musicale “Subsonica”. Giovane e torinese, come erano giovani e torinesi quei ragazzi della Thyssenkrupp che hanno perso la vita sul posto di lavoro. “Quella vicenda l’ho vissuta molto male, come torinese e come cittadino che cerca di essere attivo nel suo contesto sociale. Questo non può succedere in un Paese la cui Costituzione al primo articolo recita “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro…”. Ma su quale lavoro? Quello determinato dalla sola logica del profitto?"

Un articolo non pienamente applicato?
Dipende cosa s’intenda per lavoro. A mio avviso il lavoro deve essere sinonimo di gratificazione, opportunità, dignità. Se invece viene considerato solo come una merce acquista tutto un altro significato…

“La merce nel sistema è l’unica regola. Rischiare tutto e non essere niente. Nel male oscuro che travolge ogni pietà…” E’ uno dei passaggi di “Piombo”, uno dei brani dell’album “Eclissi” scritto dal tuo gruppo, i Subsonica.
Il pezzo parla di mafia e del coraggio di quelle persone che rinunciano alla propria libertà per un minimo di democrazia in più, ma il messaggio potrebbe valere anche per un tema drammatico come questo. Se la merce è l’unica regola e non la dignità personale, e l’unico obiettivo è quello del profitto allora non è difficile capire perché mancano adeguate forme di tutela nei lavori più delicati.

E’ la tua opinione o pensi appartenga anche ai tuoi concittadini?
Torino ha avuto sempre una forte vocazione operaia e drammi come questi li vive con una partecipazione molto forte.

Giovani compresi?
C’è una innegabile dicotomia nella mia generazione in cui convivono temi “alti” e “bassi”. Io sono un 33enne con una intelligenza media e un minimo di coscienza civile. Non penso affatto di essere il solo…

Quello delle cosiddette morti bianche sembra aver sdoganato molti artisti nel cinema, nel teatro, nella musica. Da Mariella Nava a Paola Cortellesi a Mimmo Calopresti per citarne alcuni, nei concerti, sul palco e sul grande schermo c’è una forte denuncia civile contro l’insicurezza sul lavoro. Che valore ha questa presa di coscienza?
Penso sia ineludibile. E’ una responsabilità, un dovere sociale e civile. Penso a noi che siamo un gruppo pop. I giovani quando ascoltano il pezzo di una band spesso, se lo apprezzano, lo trascrivono anche per intero su un diario. Abbiano una forte responsabilità in quello che diciamo e scriviamo…

Potrebbe essere un buono slogan elettorale
Non mi piacciono gli slogan. Ciò che penso è che chi fa un mestiere come il mio deve sapere che è un osservatore privilegiato della realtà che lo circonda e non può prescindere dalle storture quotidiane della società. Se io in un posto ci sono nato e cresciuto quella è la mia realtà e sono responsabile di ciò che succede intorno a me.

Siamo sicuri che le motivazioni e il rinnovato impegno siano sempre disinteressati?
Molti sono animati da uno spirito sincero, altri lo utilizzano come un mezzo per la propria popolarità, altri questo senso di responsabilità non se lo pongono affatto. La gente non è stupida e capisce chi ci gioca con questi argomenti e chi li prende sul serio.

Questa gente il 13 aprile andrà a votare per un nuovo governo. Questa gente è fatta di anziani, adulti e di giovani. Molti tra i giovani sono delusi o schifati dalla politica e inneggiano al “non voto”.
Abbiamo cercato di fare una piccola campagna di sensibilizzazione, anche sul nostro sito, perchè anche il voto non dato è un voto regalato... Capisco bene la disaffezione dalla politica ma non votare non è la soluzione.

E qual è la soluzione?
Rivendicare che la prossima classe dirigente di un Paese come l’Italia ci regali, se non un sogno, almeno un grande senso di dignità. Che ci porti a ritrovare il desiderio di amare e di lottare per migliorare un Paese in cui tutti viviamo e di cui condividiamo, tutti, le stesse sorti.

E’ solo una speranza o sei ottimista per il futuro?
Per ora è una speranza. La speranza di una ripresa. Non voglio continuare a vergognarmi di chi ci governa ogni volta che accendo la tv… Per questo dico di andare a votare per cambiarlo questo paese.

Dici anche per chi?
Non nascondo che nel progetto di Veltroni ci vedo una prospettiva positiva. Non sono un esperto di finanza o di economia ma quando lo sento parlare di cultura sento che ci crede e le sue sono parole di cuore. E la cultura ha a che fare anche con l’economia. Anche un imprenditore stupido e ottuso - e in Italia ne abbiamo tanti - sa che la cultura “porta Pil”…

E allora ipotizziamo per gioco che in un prossimo governo Davide, il tastierista dei Subsonica sia nominato ministro della Cultura. Cosa faresti per il tuo settore?
Cercherei di rendere la cultura eccellenza italiana. Perché, mentre siamo la settima potenza industriale al mondo non possiamo essere anche il primo paese per la cultura? Una cosa che su un biglietto da visita non farebbe proprio cagare... (scusa l’espressione non propriamente da ministro”…)

E nello specifico, per il settore musicale cosa faresti?
Innanzitutto cambierei gli interlocutori . I musicisti non possono essere rappresentati in un tavolo del governo solo da Siae e Fimi. Semmai fosse istituita una nuova Commissione penso sia necessario cercare per ogni campo gli interlocutori giusti: ciò non significa fare un “repulisti” ma, mantenendo il filo con il passato e con chi ha dimostrato un'apertura verso il nuovo, sforzarsi di individuare interlocutori giovani. Un amministratore delegato ultrasessantenne che si occupa di musica cosa ne sa del rock o dell'elettronica…
E poi, con strumenti economici adeguati, stimolerei, ancora di più i giovani a partecipare agli eventi musicali dal vivo. La cultura, come la democrazia non si agiscono in televisione ma nel confronto diretto.

Una condanna senza appello alla tv?
Veniamo da anni di dittatura mediatica e modelli sbagliati proposti o imposti. Una tv che non racconta la vita reale, fatta eccezione per programmi come “Report” e pochi altri. Per questo condivido la proposta di Giulietti e di Articolo21 di dedicare una settimana di informazione sulla prevenzione per le morti sul lavoro. Almeno così la tv sarebbe di qualche utilità…
In ogni caso sarò poco “alla moda” ma… porco cazzo! Ai concerti migliaia di persone chiacchierano tra di loro. Si conoscono. Si confrontano. Così come in un pub mentre ascoltano la musica dal vivo e le lancette dell'orologio… rallentano! Ritengo che per farsi un’opinione sia più utile scambiarsi un parere a tu per tu con persone che conosci e che non conosci piuttosto che nella solitudine di un monologo con lo schermo televisivo.
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Post by Shelby Fri 11 Apr 2008, 01:52

l manifesto del 09 Aprile 2008
Usa/Iraq
Cinque anni di fallimenti
Giuliana Sgrena

Coprifuoco a Baghdad nel quinto anniversario dell'occupazione della capitale irachena da parte delle truppe americane. Un segno tangibile del fallimento della politica di occupazione Usa. Dopo il proclamato, quanto discutibile anche per il generale Usa Petraeus, successo del premier Nouri al Maliki nella battaglia di Bassora contro le milizie del leader radicale sciita Muqtada al Sadr il governo e gli Usa temevano una prova di forza: per oggi il leader sciita aveva lanciato un appello a manifestare contro l'occupazione americana.

A smentire i successi di David Petraeus, comandante delle forze Usa in Iraq, è lo stesso generale. Ieri, in una deposizione in Congresso a Washington ha infatti parlato di progressi «significativi ma non omogenei» smorzando l'ottimismo alimentato da Bush con la sua nomina lo scorso settembre. Del resto la ripresa degli scontri con numerose vittime (anche americane) nell'ultimo mese non inducono certo ad accreditare i successi vantati nei mesi scorsi dalla Casa bianca. Tanto che è lo stesso generale Petraeus a sconsigliare una riduzione delle truppe e a proporre anzi una pausa di riflessione di 45 giorni a luglio, quando sarà terminato il ritiro della brigata di rinforzo inviata lo scorso anno. Tutto si muove dunque in funzione dell'applicazione di quell'accordo bilaterale che dovrebbe essere approvato prima della scadenza del mandato Onu (e di quello di Bush) a fine anno. Un accordo che dovrebbe garantire una permanenza (occupazione) «illimitata» (nel tempo e nel numero) delle truppe Usa in Iraq, che peraltro non sarebbero rinchiuse in basi fortificate. Questo quanto contenuto nella bozza dell'accordo bilaterale Usa-Iraq ancora formalmente «segreto» ma i cui contenuti sono già stati anticipati da diversi giornali (e ci sono stati confermati da fonti dirette). All'esercito Usa verrebbe garantita la libertà di azione, l'impunità (contractor compresi) e la possibilità di arrestare persone ritenute pericolose per la sicurezza. Un accordo capestro (per gli iracheni) accettato dal premier Nouri al Maliki ma che difficilmente passerebbe al vaglio del parlamento. Pur essendo un trattato bilaterale lo status dell'esercito Usa potrebbe essere esteso ad altri militari partecipanti alla forza multinazionale. «La sensazione a Baghdad è che un simile accordo sarebbe respinto dal parlamento, soprattutto dopo gli avvenimenti delle ultime due settimane», secondo una fonte sunnita ripresa ieri dal quotidiano britannico The Guardian. Gli effetti dello scontro tra governo iracheno, appoggiato dalle truppe americane, e i miliziani del Jaish al Mahdi (l'«esercito» del leader radicale sciita Muqtada al Sadr) stanno ancora provocando la fuga degli abitanti dalla bidonville sciita di Baghdad, Sadr city, che abbandonano le povere case sotto attacco senza portare via nulla. Altri sfollati che si andranno ad aggiungere ai due milioni di iracheni che hanno già abbandonato le loro case per sfuggire alle violenze e alla pulizia etnica che ha ridefinito i quartieri di Baghdad. Mentre altri due milioni di iracheni si sono rifugiati nei paesi vicini. Il rientro in Iraq, di cui si era parlato negli ultimi mesi, resta un miraggio perché non ci sono le condizioni di sicurezza, anche se, come ha detto il generale Petraeus «duri colpi sono stati inflitti ad al Qaeda», la situazione resta «fragile». Un eufemismo per non dire drammatica. Peraltro a infliggere duri colpi ad al Qaeda non sono state le truppe americane ma i gruppi sunniti che hanno deciso di liberarsi dall'abbraccio mortale dei terroristi, ma che potrebbero rivoltarsi contro gli americani se questi non manterranno la promessa (ostacolata dal governo di al Maliki) di reinserire gli ex-militari sunniti nell'esercito iracheno. Per ora comunque i maggiori timori nutriti dal premier al Maliki sono nei confronti di Muqtada al Sadr, che peraltro aveva favorito la formazione del suo governo, perchè potrebbe vincere le elezioni regionali a Bassora, quindi occorre annientare le sue forze prima della scadenza elettorale dell'autunno. Come è avvenuto nelle settimane scorse con la caccia scatenata contro i miliziani dell'esercito al Mahdi. Con il pretesto di disarmare le milizie l'esercito iracheno ha attaccato esclusivamente le forze di Muqtada (e non le brigate al Badr dello Sciri, il Consiglio supremo islamico iracheno, al governo). A riportare la tregua è stata la mediazione iraniana, che ancora una volta ha dimostrato l'influenza di Tehran sull'Iraq sciita. E mentre Muqtada si è rifugiato a Qom, punto di riferimento religioso in Iran, si dice, per completare i suoi studi teologici, ha affidato la scelta sul disarmo delle sue milizie (che conterebbero circa 70.000 uomini) al grande ayatollah Ali al Sistani, anche lui di orgine iraniana. Una nuova mossa astuta del leader sciita per uscire dall'isolamento in cui lo scontro con il governo l'aveva cacciato. giuliana sgrena
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Post by Shelby Fri 11 Apr 2008, 01:54

Due persone serie
di Marco Travaglio

Se l’Italia fosse un paese serio, sia il centrodestra sia il centrosinistra si impegnerebbero prima delle elezioni, in caso di vittoria, a confermare come ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa. Cioè l’unico ministro dell’Economia, dopo Ciampi, che nei vertici internazionali non viene preso a pesci in faccia, ma anzi viene rispettato e ascoltato.

Questo signore d’altri tempi, questo economista colto e spiritoso, discreto e competente, ha rimesso in sesto in un anno e mezzo i disastrati conti dello Stato sfasciati dai suoi predecessori (vedi l'illuminante documento che allego qui, preparato da un gruppo di studenti di Economia che hanno a cuore i fatti e i dati concreti, non le balle elettorali); ha fatto levare all’Italia la procedura d’infrazione aperta dall’Europa ai tempi del miracolo berlusconiano; ha recuperato insieme al suo vice Vincenzo Visco una ventina di miliardi di euro di evasione fiscale. Insomma, ha riempito la botte che ora Berlusconi e i suoi boys torneranno a prosciugare. Perché naturalmente Padoa Schioppa è visto come il fumo negli occhi dal centrodestra delle spese folli, ma anche dal Pd alla Veltroni, tutto paillettes e cotillons, dunque allergico alle persone serie.

Spoiler:

Rimozione forzata per Padoa Schioppa, ma anche per Romano Prodi, altro politico troppo serio e competente per piacere ai berlusconiani “de sinistra” del nuovo Pd. Non è telegenico nemmeno lui. Non parla di sogni, non dice “I care” e nemmeno “We can”. Ma sgobba e sa far di conto. L’altro giorno, con un comunicato di tre righe, ha annunciato l’addio alla politica nel silenzio generale. Nel ’96 ha battuto Berlusconi e nel ’98 ha portato l’Italia in Europa; tre mesi dopo, per ringraziarlo, quei gran geni di D’Alema e Bertinotti l’han rovesciato, riconsegnando l’Italia a Berlusconi. Lui intanto è andato a presiedere la Commissione europea. Nel 2006 l’han richiamato per sconfiggere Berlusconi, cosa che lui puntualmente ha fatto per la seconda volta. Dopo un anno e mezzo l’han rispedito a casa senza nemmeno un grazie.

Lui se n’è tornato a Bologna, da dove era venuto, senza una parola polemica, mentre l’ultima ballerina di Uòlter, l’impresario-falco Massimo Calearo, andava in tv a ringraziare “San Clemente” Mastella per “averci liberato da Prodi”. Vedremo che cosa saran capaci di fare questi giganti del pensiero che reggono il Pd e il Pdl, a parte candidare mogli, figlie, portaborse, pregiudicati e qualche camicia nera, e chiacchierare per ore senza dire nulla. Personalmente già rimpiango Prodi e Padoa Schioppa. Due signori che han saputo uscire di scena con dignità ed eleganza. Due signori che, quando non avevano niente da dire, non parlavano. Due signori.
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Post by ilSignorCarlo Fri 11 Apr 2008, 02:02

Shelby wrote:
Questa gente il 13 aprile andrà a votare per un nuovo governo. Questa gente è fatta di anziani, adulti e di giovani. Molti tra i giovani sono delusi o schifati dalla politica e inneggiano al “non voto”.
Abbiamo cercato di fare una piccola campagna di sensibilizzazione, anche sul nostro sito, perchè anche il voto non dato è un voto regalato... Capisco bene la disaffezione dalla politica ma non votare non è la soluzione.

Stavo cercando questa campagna di sensibilizzazione di cui parla, ma non ho trovato niente :\
In ogni caso la ritengo un'iniziativa più che apprezzabile. L'influenza che certi personaggi hanno o possono avere su giovani e meno giovani è tanta e mostrare interesse per temi politici e sociali, che riguardano tutti, è utile. Anzi, se lo facessero di più e tutti...
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Post by Ninus Fri 11 Apr 2008, 02:45

Rimozione forzata per Padoa Schioppa, ma anche per Romano Prodi, altro politico troppo serio e competente per piacere ai berlusconiani “de sinistra” del nuovo Pd. Non è telegenico nemmeno lui.

D'accordo al 100%.
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Post by Shelby Wed 16 Apr 2008, 23:35

Su Articolo 21 ho trovato quest'intervista a Giulietti, un soggetto politico innteressante che seguo da un po', che mi piace e che porta avanti, assieme al gruppo di Articolo 21, la battaglia per l'informazione. Purtroppo non so quanto e come la loro causa potrà essere perorata in un Parlamento così composto, ma è giusto non fermarsi mai.

Eletti e non eletti, tutti insieme portiamo avanti le battaglie di Articolo 21

di Articolo 21
Giuseppe Giulietti è in Parlamento. E' stato eletto a Torino come indipendente nelle liste dell'Italia dei Valori. Il risultato ottenuto (oltre il 6% di voti) è fra i più alti nelle diverse regioni. L'ottimo risultato ha permesso a due candidati della Lista guidata da Di Pietro di entrare in Parlamento. Uno di questi, per l'appunto, è il portavoce di Articolo 21. Una candidatura indipendente che nasce dalla condivisione da parte dell'Idv del nostro documento sull'informazione e dall'accordo nazionale con il Pd che porterà alla nascita di un unico gruppo parlamentare. Abbiamo intervistato Beppe Giulietti che interviene sui prossimi impegni dell'associazione in Parlamento e nella società civile.

Siamo a poche ore dall'esito elettorale. Intanto come è andata per la tua candidatura e qual è il giudizio sul voto espresso complessivamente dagli Italiani?
Le elezioni sono un fatto collettivo e non privato. Per quel che mi riguarda sono risultato eletto a Torino con Idv che ha raggiunto un ottimo risultato con oltre il 6% dei voti.
Ma come si fa ad essere soddisfatti in una giornata in cui l'Italia rischia di essere il Paese più a destra d'Europa. Oggi il Conflitto di interessi torna al governo insieme ad una forza politica che è stata quella che ha utilizzato da sempre il linguaggio più radicale e più violento. Inutile far finta di nulla; gran parte dell'Italia si è riconosciuta su questo schema, quello dell'eroe Mangano e dei fucili spianati contro l'immigrazione e le richieste di secessione. Sarà una stagione durissima per l'informazione e la cultura nel nostro Paese.

Il dato segnalato da tutti è che questo Parlamento non vedrà rappresentate alcune forze politiche come la Sinistra e l'Arcobaleno. Non chiedo giudizi ma commenti...
Questo non aiuterà. Milioni e milioni di italiani che hanno votato e non hanno rappresentanza parlamentare non è semplificazione della vita politica e sociale. Ci sono interessi di milioni di persone che rischiano di non avere voce. Mi auguro che le altre forze politiche di centro sinistra vogliano porsi questo problema e trovare il modo di dare rappresentanza a questa parte essenziale della vita politica italiana.

Che ne pensi del risultato del Pd e di Idv?
Non si può non apprezzare il tentativo di innovazione posto da Veltroni nel quadro politico nazionale. Ringrazio Di Pietro per il vigore con il quale ha inteso affrontare temi come il conflitto di interessi e la vicenda di Europa 7. E lo ringrazio perchè ha onorato sino in fondo l'indipendenza della nostra candidatura. Lo ha fatto da subito, nella lettera in cui offriva la candidatura nell'ottica di un accordo nazionale con il Pd che avrebbe portato alla nascita di un unico gruppo parlamentare. Mi è stato consentito di potere rappresentare articolo 21 e la rete di associazioni, senza condizionamento alcuno.

Da oggi Articolo 21 che farà?
Noi non possiamo far altro che riprendere immediatamente il nostro cammino. Articolo 21 è la casa comune della cultura, della ricerca, dell'informazione e vuole portare a compimento il patto che era stato raggiunto prima delle elezioni. Questo con un confronto dentro e fuori il Parlamento. Si riparte subito a lavorare sui progetti che prima delle elezioni avevamo impostato d'intesa con associazioni, movimenti, forze sindacali e sociali che avevano sottoscritto il documento sull'informazione. Insieme ai gruppi parlamentari dobbiamo presentare proposte di legge sul conflitto di interessi, sulla riforma della Rai e per una legge sull'editoria. La sconfitta elettorale è anche figlia delle disattenzioni e omissioni che si sono effettuate su questi temi. Dobbiamo lavorare per l'abrogazione delle misure repressive contro il diritto di cronaca. E poi ripartire immediatamente con le grandi campagne civili che ci hanno contraddistinto.

Ieri mentre giungevano i risultati elettorali un altro operaio moriva alla Thyssen Krupp. Questa volta a Terni.
Il dramma delle morti bianche è al centro della nostra prima campagna. Chiediamo a tutte le forze politiche e alle associazioni di aderire alla settimana di impegno sulle morti bianche.
Dal 25 aprile al primo maggio chiediamo che si sviluppino iniziative politiche, sindacali, culturali nel Paese per dare al tema della sicurezza del lavoro e della prevenzione, un grande momento di discussione collettiva. Decine di sindaci hanno aderito all'iniziativa dalla Sardegna e le adesioni continuano ad arrivare sul sito di Articolo 21. Ci piacerebbe che proprio a poche ore dal voto ci fosse una grande iniziativa con l'obiettivo dichiarato di lotta senza fine al tema delle morti bianche.

L'inizio della campagna elettorale coincideva con la forte attenzione sul tema dei diritti umani nel mondo causato dalla questione Tibet. Anche questa è una campagna a cui si è lavorato. Penso, ad esempio, alle iniziative sul Darfur di questo fine settimana...
La grande campagna sui diritti la faremo coincidere con la giornata Onu per la libertà d'informazione contro la repressione dei diritti umani e civili in atto in Cina, Birmania, Darfur. Un grande impegno d'intesa con Fnsi, Informazione senza frontiere, UsiGrai, Tavola della Pace, associazioni nazionali e internazionali che lavorano a difesa dei diritti violati. Pensiamo sia giusto chiedere la non presenza di delegazioni istituzionali alle cerimonie e la piena illuminazione dei luoghi senza diritti. E promuoveremo la campagna per la creazione di un format televisivo, frutto di iniziative congiunte fra tutte le tv europee, per dare voce a tutte le associazioni che si battono per i diritti umani.

Uno dei temi principali di Artticolo 21 è quello della legalità e della qualità nel servizio pubblico televisivo. Ora, in questa situazione e con un governo forte di destra, tutto diventa più difficile?
Noi lavoreremo comunque alle nostre iniziative. Una partirà prestissimo e ha come obiettivo proprio la qualità. Vogliamo che in Rai torni il cinema in prima serata. Vi ricordate la serata cinema? Ecco: vogliamo che vi sia un luogo di valorizzazione della produzione cinematografica italiana, dei nuovi talenti. Partirà una campagna di raccolta firme che coinvolgerà il mondo del cinema italiano e degli autori per dedicare una serata settimanale al grande cinema, al documentario italiano. Chiediamo un posto d'onore nel palinsesto della Rai e ne parleremo direttamente con Direttore generale e Presidenza.
Sui temi della legalità e libertà non abbiamo mai smesso un secondo la nostra battaglia. Il mio impegno sarà ancora più tignoso e attento. L'associazione non ha mai fatto sconti al governo di centrosinistra e lo stesso atteggiamento vi sarà col governo di centrodestra. Continueremo a chiedere una legge sul conflitto di interessi, che i partiti facciano le valige dalla Rai, che chi ha vinto le cause torni al lavoro, che Europa 7 possa trasmettere, che le sentenze della Corte si applichino e non si tarocchino. Continueremo ad essere, su questi temi, punto di riferimento per tutti, anche di chi è più distante da noi.

Chi ti senti di ringraziare per questa elezione?
Tutta l'associazione, questa comunità che mi ha aiutato nel difficle viaggio elettorale mantenendo inalterata la libertà di questo sito. La nostra è la casa comune di chi crede nella libertà di informazione e giustamente non è mai stato chiesto un voto per qualcuno ma la mobilitazione complessiva per i candidati che credono nei principi e nei valori della associazione. Ringrazio Federico Orlando e Tommaso Fulfaro presidente e segretario di Articolo 21. Non hanno fatto mai mancare la loro adesione e le loro critiche che permettono a questa associazione di crescere e rinforzarsi quotidianamente. Il mio è stato un viaggio comune, proseguito con una consultazione nella rete e nato da una appello comune di tante associazioni che si sono legati ad un documento.

Ed ora in Parlamento che farai? Si pensava ad un intergruppo...
Continueremo su questa strada. Lavoreremo insieme con Roberto Zaccaria, Vincenzo Vita, Elio Lannutti, Pancho Pardi, Marco Beltrandi, Maria Antonietta Coscioni, Sergio Zavoli, Furio Colombo. Un augurio particolare lo vorrei fare a Tana De Zulueta, Pietro Folena, Nicola Tranfaglia, Antonello Falomi, Roberto Cuillo. Alcuni erano candidati e non sono stati eletti. Altri non erano nemmeno candidati. Ma dobbiamo essere tutti compagni di strada. La comunità di Articolo 21 ha bisogno di tutti noi perchè vi è bisogno di critica, dell'intelligenza e della capacità di ognuno. E tanto più siamo diversi tanta più libertà c'è nella nostra associazione.
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Post by Shelby Thu 17 Apr 2008, 00:03

Chi vince, chi perde ... e chi rimane senza parole

Italia - 14.4.2008
Chi vince, chi perde
E chi rimane senza parole



Casini, Bertinotti, Storace. I partiti che potevano essere identificati come portarori di ideali hanno perso. Hanno vinto i partiti vuoti, che rappresentano l'Italia di oggi: povera di idee e ricca solo di soldi in nero, in cui ognuno è portatore dei propri interessi particolari: i politici (il potere per il gusto e i privilegi di detenerlo e non come strumento per rappresentare interessi reali e concreti di gruppi sociali, in sintesi) come i cittadini.

Paradossalmente, il raggruppamento di centrodestra rappresenta più questioni sociali che non quello di centrosinistra: la Lega al nord è portatrice di interessi sociali, anche se rappresentati nel peggiore dei modi. Così come Berlusconi rappresenta interessi di gruppi sociali forti e spesso poco raccomandabili.
Quello di centrosinistra, invece, si trova ad inseguire un riformismo generico e privo di energie collanti dopo essersi svuotato di ogni contenuto concreto, avendo abbandonato, e non trasformato, le idee e la cultura dalla quale proviene il Pd (quella cattolica e quella del Pci) per correr dietro più leggero ad una modernità senza avere gli strumenti per interpretarla e quindi per governarla.

Ma questo non è anche un poco responsabilità della stampa, che ha cavalcato l'onda della cosiddetta "fine delle ideologie" mentre il mondo dei politici si svuotava di ogni ideale e persino di ogni idea? Che ha perso interesse, più in generale, nel raccontare i grandi temi: il lavoro, la pace, i diritti come la scuola o la salute, i problemi concreti quindi delle persone, dando loro la giusta dimensione: quella sociale.
Oggi la realtà viene sempre raccontata come se riguardasse solo i singoli, come se ogni storia avesse un protagonista che non rappresenta altri che non se stesso.
Invece sappiamo bene che non è così, e per questo crediamo nel nostro mestiere e in come lo facciamo: raccontando storie inquadrandole in una dimensione globale. Perché ogni storia che ci viene raccontata racconta il mondo.

P.S. Rubo anche una battuta ad un caro amico, molto arguto: "Sconfitta della Sinistra Arcobaleno". In guerra, può succedere. Una battuta che la dice lunga. La "sinistra" si è detta unica garante dei valori della pace, del lavoro, dei diritti. Ma nessuno si è scordato che a questi valori l'arcobaleno ha voltato le spalle, preferendo guardare il lusso dei palazzi troppo a lungo, fino a rimanerne abbagliata.
Maso Notarianni

da Peace Reporter
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Post by Shelby Thu 17 Apr 2008, 00:18

Poi per chi é interessato alla questione "Ferrara a Bologna", l'articolo di Carlo Loiodice su Carmilla on line:

Cortigiani, vil razza dannata
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Post by Già Fri 18 Apr 2008, 15:18

Raccolta di materiale interessante Uovo10

Potrebbe venire utile a chi è interessato o sensibile a queste cose...
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Post by Shelby Fri 18 Apr 2008, 15:50

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Post by Shelby Fri 18 Apr 2008, 16:44

Da Peace Reporter:

dalla rubrica Fermo immagine, una foto interessante:

Raccolta di materiale interessante Immigrati

Su una colonna, a Bologna.
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Post by Shelby Sun 20 Apr 2008, 16:01

Marco Travaglio - Anno Zero

Il punto di vista:
Travaglio, Sartori, Santoro, Facci, Di Pietro parlano delle elezioni.
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Raccolta di materiale interessante Empty Tutti i santi di Silvio

Post by Shelby Mon 21 Apr 2008, 15:07

Sull'Espresso, Marco Travaglio scrive nella rubrica Signornò:

Tutti i santi di Silvio

Tutti i santi di Silvio
Una candidatura nel Pdl passata inosservata getta nuova luce su una vicenda ormai dimenticata: le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza
Una notizia di 21 righe sul 'Corriere' e una candidatura nel Pdl passata inosservata gettano nuova luce su un'affaire dimenticata da tutti fuorché da Silvio Berlusconi, che seguita a citarla come prova dell''uso politico della giustizia': le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza, peraltro accertate dalla Cassazione che ha condannato gli ufficiali corrotti e il manager corruttore, Salvatore Sciascia, arrestato nel 1994 e reo confesso di tre mazzette da 100 milioni di lire per ammorbidire verifiche fiscali a Videotime, Mondadori e Mediolanum.

Chi gli diede l'ok e il denaro? Lui dice: Paolo Berlusconi. Questi conferma, ma il Tribunale l'assolve e condanna Silvio. Che pure per i giudici d'appello (reato commesso, ma prescritto) è il vero mandante. Poi la Cassazione assolve pure lui per 'insufficienza probatoria', sostenendo che potrebbe esser stato Paolo, ormai improcessabile. Strano: è per proteggere Silvio - allora presidente del Consiglio - che il consulente Fininvest Massimo Maria Berruti, l'8 giugno 1994, manda il maresciallo Alberto Corrado a suggerire al colonnello Angelo Tanca di non far parola con i giudici della mazzetta Mondadori.

Berruti finisce in carcere, subito dopo Sciascia e Paolo. Dalle sue carte salta fuori il 'pass' che prova come quella sera, poco prima di chiamare Corrado, Berruti fosse a Palazzo Chigi per incontrare il premier. Giunto apposta da Milano, salì da lui alle 20,45, uscì alle 21,30 e chiamò Corrado. Per questo il Pool invia a Berlusconi il famoso invito a comparire: per interrogare lui e Berruti, separatamente, su quella sera fatidica. Mossa azzeccata: il premier si dice contrario alle mazzette; precisa di non sapere nulla di quelle alla Finanza; ma aggiunge che i suoi manager erano concussi. Strano: se non sa nulla, come sa che è concussione? Poi rievoca dettagliatamente l'incontro con Berruti ("Parlammo della campagna in Sicilia"). Ma Berruti nell'altra stanza nega che sia avvenuto: "Il consiglio dei ministri finì tardi e me ne andai prima". L'indomani Berlusconi scopre la contraddizione e telefona in Procura per ritrattare: "Mi sono sbagliato, l'incontro non ci fu per il protrarsi del consiglio dei ministri". I suoi due segretari,
Marinella Brambilla e Niccolò Querci, confermano. Ma il verbale ufficiale indica che il Cdm finì alle 21: Berruti ebbe tutto il tempo di vedere il premier, ottenere l'ok al depistaggio e metterlo in atto. Il mese scorso Brambilla e Querci sono stati ricondannati in appello a 16 mesi per falsa testimonianza (21 righe sul 'Corriere', non una parola sugli altri giornali e in tv).

Berruti, condannato a 8 mesi per favoreggiamento, è deputato dal 1996. Ora, a Montecitorio, lo raggiunge Sciascia, condannato a 2 anni e 6 mesi per corruzione. Strano: Berlusconi è contrario alle mazzette e poi promuove chi le paga e chi le copre? E come poteva Berruti favoreggiare un innocente? E perché mai i due segretari avrebbero mentito per proteggere un innocente? Se Vittorio Mangano, per la sua omertà a tenuta stagna, è un 'eroe', questi sono perlomeno martiri. Santi subito.
(18 aprile 2008)
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Raccolta di materiale interessante Empty La differenza tra un italiano e un terrone

Post by Shelby Mon 21 Apr 2008, 15:39

La differenza tra un italiano e un terrone spiegata all’università

Scrivo per raccontare una vicenda successami oggi (15 aprile 2008).
Mi chiamo Elena, ho 23 anni, sono laureata in matematica all’università La Sapienza di Roma; sto frequentando la Specialistica in Ingegneria Matematica presso il Politecnico di Milano.
Oggi ero in aula, erano le 14:00 del pomeriggio, attendevo l’inizio della mia lezione, leggevo il giornale con i risultati (sconcertanti) delle elezioni di questi giorni; ed ecco che un ragazzo (mio coetaneo) sale sulla pedana della cattedra e davanti ad una platea di circa 30 persone (tutti uomini, la mia facoltà è a dominio maschile) sentenzia:
“Ragazzi, allora un attimo di attenzione; oggi vi spiegherò la differenza tra un italiano e un terrone”.
Io in silenzio sconcertata; la classe in tripudio.
Aspetto, mi dico di non partire prevenuta, di stare ad ascoltare, potrebbero essere le solite battute alle quali, oramai da due anni, non si scappa; che con leggerezza ti rivolgono e che con altrettanta leggerezza devi accettare (”Roma ladrona”, “Milano produce, Roma spreca”, “Milano capitale economica e morale d’Italia” ecc ecc.).
Il ragazzo persevera: “Dicevamo, il terrone, miei cari, è il tipico uomo bassottello, grassoccio e decisamente sporco.”
Dal fondo urla un voce d’uomo indistinta: “Olivastro, dimentichi olivastro.”
“Vero”, si scusa l’oratore, “Decisamente OLIVASTRO”.
Queste parole e il tono che sta assumendo la beffa cominciano a spaventarmi.
Non capisco il confine del gioco.
Uno di loro dice sottovoce ad un altro:”Oh, anche lui ha votato Lega vero?”
L’altro annuisce con fare fiero.
Continua il ragazzo alla cattedra: “Il terrone è caratterizzato da un atteggiamento tipicamente parassita ed è per questo, miei cari, che vi invito semplicemente a tracciare una linea sulle varie cartine dell’Italia. Una semplice linea di demarcazione”.
A questo punto schizza con il gesso uno stivale sulla lavagna e traccia con fare deciso una linea orizzontale all’altezza del Po’.
Ovazione. Urla e applausi.
Resto lì ancora incredula e mi balza alla mente la scena del film “La vita è bella”.
Benigni sulla cattedra con la fascia di sindaco in mezzo alle gambe e il suo beffardo sproloquio sulle caratteristiche della razza ariana.
Ricordo che, quando avevo visto “La vita è bella” per la prima volta, avevo immediatamente notato come Benigni mettesse l’accento sul fatto che certe idee, apparentemente bizzarre (come le superiorità fisiche della razza ariana), si erano diffuse in modo, potremmo dire, “proverbiale”, quasi come facessero parte di una cultura popolare, un modo di dire, un qualcosa di semplice che passa di bocca in bocca, una battuta scherzosa o un gioco tra amici, che alla fine diviene scontato, di dominio pubblico e indiscusso.
Ma è su questo tacito passaparola, quasi burlesco, che si sono fondate, successivamente, leggi e le loro tragiche conseguenze che segnarono un solco profondo e violento nel secolo scorso.
Torno a casa con la paura di aver assistito a una di questi simpatici “moti proverbiali”; porto sotto braccio il mio giornale che decreta milioni di voti alla Lega.

Elena Di Bernardino
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Post by Shelby Wed 30 Apr 2008, 14:55

Da Articolo 21

I SUBSONICA AL CONCERTO DEL PRIMO MAGGIO PER LA SICUREZZA SUL LAVORO

''L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Non è vero. Che faccio?''

di Davide "Boosta" Di Leo*

Ho diverse preoccupazioni in animo. Una da condividere adesso. Essere musicista regala molto ed è una condizione di assoluto privilegio. A questo non irrilevante dettaglio aggiungiamo una sensibilità verso il multi-orizzonte sociale piuttosto nella norma, niente di speciale giuro, e mi ritrovo già con un problema e qualche domanda. Come impiego la mia "funzione pubblica"? Quanta responsabilità mi do per quello che mi capita intorno? Insomma. Faccio bene quello che faccio oppure mi scivolo sopra e guardo verso un futuro ebete con sguardo altrettanto ebete? Di recente ho letto la Costituzione, non l'avevo mai fatto fino ai 33 anni. Ma è sbagliata. L'articolo 1 dice: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Non è vero. Che faccio? Accetto l'imperfezione o provo a fare qualcosa? E nel secondo caso cosa posso fare?

Non scrivo leggi né decreti, attualmente non sono prefetto né magistrato, non sono industriale ma neanche impiegato pubblico e consapevole. Non mi occupo di fare rispettare norme né di salvare esistenze già irrimediabilmente compromesse da tragedie che finiscono in un attimo e durano una vita intera. Cosi' racconto.
Con la nostra musica, con le parole quando lo spazio te lo consente, con la presenza quando è ben accetta ma anche no. Credo che noi musicisti e narratori in genere, buoni o mediocri, possediamo un un grande vero valore aggiunto.
la parola.
In tempi cosi' imperfetti è un privilegio godibilissimo. Io al primo maggio ci sarò. insieme al mio gruppo. La nostra presenza è un riconoscimento alla battaglia che con difficoltà marcia verso la risoluzione di un problema pachidermico. E' anche la consapevolezza di sapere che qualcuno sarà li' perchè ci siamo noi. Ed in mezzo ad una festa di musica e corpi la macchina delle parole farà il suo lento ma profondo mestiere, spero. Cosi' raccontare, esserci, suonarlo, gridarlo e ascoltarlo potrà essere utile.
Sono solo un musicista. Non pretendo di cambiare le cose. Ma pretendo che le cose si muovano. Faccio il poco che so. E la cosa migliore che ho imparato è che la mia generazione non è stupida. Cosi' lo racconto. Anche il primo di maggio.

* Subsonica - www.subsonica.it
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Post by Shelby Wed 30 Apr 2008, 17:01

Da Corriere della Sera

IL DELITTO IN CONTRADA CAPIZZAGLIE
'Ndrangheta, agguato a Lamezia Terme
Gino Benincasa, ex consigliere comunale del Psi, assassinato nella notte da un commando armato

LAMEZIA TERME (Catanzaro) - Agguato a Lamezia Terme: un imprenditore ittico, Gino Benincasa, è stato assassinato a colpi d'arma da fuoco durante la notte. L'uomo stava lasciando la sua abitazione, in Contrada Capizzaglie, alla periferia sud della città, quando un commando armato si è avvicinato facendo fuoco. Per l'uomo, che si trovava alla guida di un furgone Fiat, la morte è stata immediata. Benincasa è stato raggiunto da almeno 15 colpi di arma da fuoco. L'imprenditore da poco era uscito dal provvedimento di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

OMICIDIO ECCELLENTE - Quello di Benincasa può essere considerato un omicidio eccellente, in ragione del passato politico della vittima, che era stata negli anni '90 consigliere comunale nelle file del Psi. Il nome di Benincasa, associato a quello di una cosca della 'ndrangheta era finito nel rapporto del Ministero dell'Interno che determinò lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale avvenuto nel 1992. Lo stesso Consiglio comunale fu nuovamente sciolto qualche anno dopo, sempre per infiltrazioni mafiose. Di quell'assemblea faceva parte un fratello della vittima, eletto nella lista del Nuovo Psi.
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Raccolta di materiale interessante Empty LA LETTERA

Post by Shelby Thu 01 May 2008, 00:11

Da La Repubblica una lettera, a mio parere tristissima:

"Ho trent'anni e sono incinta"


Egregio Presidente,
sono incinta. Egregio Presidente, ho quasi trent'anni, ho un lavoro, sono sposata e sono incinta. Egregio Presidente, tra un paio di settimane abortirò!! Nonostante la mia non fosse una gravidanza programmata, l'aver scoperto di essere positiva al test mi ha dato un'emozione bruciante, una felicità incontenibile. L'idea di aver concepito un figlio con l'uomo che amo è qualcosa di così forte ed intimo che è impossibile da spiegare.

Ad ogni modo la mia gioia non ha visto la luce del giorno dopo. Ben presto la ragione, come spesso accade, ha preso il posto del cuore e mi ha schiaffeggiata forte, come si fa per scacciare in un colpo una forte sbronza.

La verità, mio caro Presidente, è che nonostante sia io che mio marito abbiamo un lavoro, un lavoro che ci impegna 6 giorni alla settimana e che abbiamo trovato dopo infiniti "lavoretti" che definire umilianti e sottopagati è dir poco; ebbene dopo tutto ciò, ad oggi le nostre entrate ammontano a circa 1.300 euro al mese.

Per trovare questo lavoro qualche anno fa ho rinunciato a portare a termine la mia carriera universitaria. Nonostante il profitto fosse elevato e la mia media superasse il 29, dissi addio ai miei studi e al mio praticantato da giornalista. Quest'ultima rinuncia fu per me la più dolorosa perché la verità è che, seppur i miei compiti di neofita fossero praticamente identici a quelli di un professionista, non ho mai riscosso neppure un centesimo dal quotidiano locale per il quale scrivevo. Il lavoro era splendido, ma non si può vivere solo di passione.

Purtroppo la vita mi mise di fronte ad una scelta. Mi ero innamorata e desideravo vivere insieme al mio compagno, quindi, o perseguivo la mia ambizione, che mi imponeva però di gravare ancora sulle spalle della mia famiglia, oppure spiccavo il volo e mi rimboccavo le maniche accettando qualsiasi tipo di occupazione che mi garantisse un reddito, dandomi la possibilità di coronare il mio sogno d'amore. Scelsi la seconda strada. Scelsi l'amore! Scelsi l'amore e glielo assicuro, Signor Presidente, non c'è stato un giorno, da allora, in cui io me ne sia pentita!!!

Ora però è diverso...!

Presidente, ora devo scegliere se essere egoista e portare a termine la mia gravidanza, sapendo di non poter garantire al mio piccolo neppure la mera sopravvivenza; oppure andare su quel lettino d' ospedale e lasciare che qualcuno risucchi il mio cuore spezzato dal mio utero sanguinante, dicendo addio a questo figlio che se ne andrà via per sempre!! Non importa se ce ne saranno altri dopo di lui... Il mio bimbo non tornerà più!! Non tornerà mai più!!!! Ma questa è la vita!! Giusto, Signor Presidente???

Si, questa è la vita!!! Qui non c'è nessuno che ti tende una mano, nessuno che ti aiuti quando hai veramente bisogno!! E per favore, mi risparmi banalità del tipo: "Dove si mangia in due, si mangia anche in tre!!".

Mi risparmi la retorica, perché è l'ultima cosa di cui ho bisogno. Sa benissimo anche Lei che se ad oggi, ad esempio, decidessi di adottare un figlio, nessun Ente mi accorderebbe mai il suo consenso. Nessun assistente sociale affiderebbe a me e a mio marito un bambino e questo perché i nostri introiti verrebbero considerati insufficienti al sostentamento di un'altra persona. Nessuno si sentirebbe di condannare quell'assistente sociale per una scelta di questo tipo, giusto?? Egli sarebbe considerato un professionista attento ai bisogni del minore. E allora mi chiedo e chiedo a chiunque sia pronto a dire che non si dovrebbe mai abortire, perché "se c'è l'amore c'è tutto", io chiedo a queste persone: "Ma hanno forse più necessità i bimbi adottivi rispetto a quelli biologici???"

Credo di no, Signor Presidente!! Credo proprio di no!!!!! Comunque è inutile arrovellarsi su dubbi e domande che non troveranno una risposta e che, già lo so, continueranno a tormentarmi e ad attanagliarmi l'anima per sempre!!!

Ma c'è una domanda, mio caro Presidente, a cui vorrei che Lei rispondesse: PERCHE', per il solo fatto di aver avuto la sfortuna di nascere in questo paese, un Paese che detesta i giovani, che ne ha già ucciso sogni e speranze e che ha già dato in pasto ai ratti le ceneri del loro futuro; ebbene perché per il solo fatto di esser nata qui, ho dovuto rinunciare prima alla mia ambizione a crearmi una carriera soddisfacente, e cosa infinitamente più drammatica, sono costretta adesso a rinunciare al mio DIRITTO ad essere MADRE?????????
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Raccolta di materiale interessante Empty Scusate il disturbo

Post by Shelby Sun 04 May 2008, 13:41

Da Voglio scendere:

Ora d'aria
di Marco Travaglio
l'Unità, 1 maggio 2008

Chiedendo scusa per il disturbo, senza voler guastare questo bel clima di riverenze bipartisan al neopresidente del Senato Renato Schifani, vorremmo allineare qualche nota biografica del noto statista palermitano che ora troneggia là dove sedettero De Nicola, Paratore, Merzagora, Fanfani, Malagodi e Spadolini. Il quale non è omonimo di colui che insultò Rita Borsellino e Maria Falcone (“fanno uso politico del loro cognome”, sic) perché erano insorte quando Berlusconi definì i magistrati “disturbati mentali, antropologicamente estranei al resto della razza umana”: è proprio lui. Non è omonimo dell’autore del lodo incostituzionale che nel 2003 regalò l’impunità alle 5 alte cariche dello Stato, soprattutto a una, cioè a Berlusconi, e aggredì verbalmente Scalfaro in Senato perché osava dissentire: è sempre lui.

L’altroieri la sua elezione è stata salutata da un’ovazione bipartisan, da destra a sinistra. Molto apprezzati il suo elogio a Falcone e Borsellino e la sua dichiarazione di guerra alla mafia. Certo, se uno evitasse di mettersi in affari con gente di mafia, la lotta alla mafia riuscirebbe meglio. Già, perché - come raccontano Abbate e Gomez ne “I complici” (ed. Fazi) - trent’anni prima di sedere sul più alto scranno del Parlamento, Schifani sedeva nella Sicula Brokers, una società di brokeraggio fondata col fior fiore di Cosa Nostra e dintorni. Cinque i soci: oltre a Schifani, l’avvocato Nino Mandalà (futuro boss di Villabate, fedelissimo di Provenzano); Benny D’Agostino (costruttore amico del boss Michele Greco, re degli appalti mafiosi, poi condannato per concorso esterno); Giuseppe Lombardo (amministratore delle società dei cugini Nino e Ignazio Salvo, esattori mafiosi e andreottiani di Salemi arrestati da Falcone e Borsellino nel 1984). Completa il quadro Enrico La Loggia, futuro ministro forzista. Nei primi anni 80, Schifani e La Loggia sono ospiti d’onore al matrimonio del boss Mandalà. All’epoca, sono tutti e tre nella Dc. Poi, nel 1994, Mandalà fonda uno dei primi club azzurri a Palermo, seguito a ruota da Schifani e La Loggia. Il boss, a Villabate, fa il bello e il cattivo tempo. Il sindaco Giuseppe Navetta è suo parente: infatti, su richiesta di La Loggia, Schifani diventa “consulente urbanistico” del Comune perché - dirà La Loggia ai pm antimafia - aveva “perso molto tempo” col partito e aveva “avuto dei mancati guadagni”.
Spoiler:


Last edited by Shelby on Sun 04 May 2008, 13:51; edited 1 time in total
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Post by Shelby Sun 04 May 2008, 13:51

Da Voglio scendere

Arrestate Francesco, il santo
di Pino Corrias

Vanity Fair
30 aprile 2008
Sotto al cielo devoto di Assisi, davanti alla pregevole basilica del povero Francesco, nessun povero potrà piu’ chiedere l’elemosina. Via i mendicanti dalla scalinata, dalla piazza, “dalle adiacenze del luogo di culto”, come recita l’editto del sindaco Claudio Ricci, Forza Italia, che se ne frega del corto circuito appena innescato. Anzi lo rivendica. Dice l’editto: “E’ fatto divieto mendicare nei luoghi pubblici a meno di 500 metri da chiese, luoghi di culto, monumenti, piazze, edifici pubblici”. E’ altresì vietato “sdraiarsi o sedersi a terra in prossimità dei luoghi di culto, monumenti, piazze, e edifici pubblici”.

In uno dei capitoli dei Karamazov, Gesù torna davvero sulla Terra e il capo della Santa Inquisizione si affretta a farlo arrestare per metterlo sotto processo. E’ il capitolo più bello e più profondo del grande romanzo di Dostoevskij. Ma evidentemente anche il meno letto, il meno istruttivo, di questi tempi.

Se Francesco tornasse nei prossimi giorni a Assisi - dove in nome dei poveri e persino della carità ha fondato non solo la sua congregazione, ma anche la sua santità - di sicuro verrebbe circondato e allontanato dai vigili urbani. In quanto nomade incorrerebbe in parecchie altre sanzioni comunali. E sarebbe il signor sindaco in persona a cacciarlo dalla città. Per non disturbare il decoro, si capisce. Il flusso dei fedeli. E il santo commercio di ogni rosario, candela, centrotavola, lumino, immaginetta, soprammobile, acquasantiera, sciarpa, maglietta, cappello dove il Santo parla con gli uccelli, accoglie i lupi. E persino i mendicanti.

Che proprio Assisi li voglia cacciare è qualcosa di più della classica notizia dell’uomo che morde il cane. E’ peggio. E’ l’uomo che morde l’uomo.
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Raccolta di materiale interessante Empty Revisionismo storico

Post by Shelby Sun 04 May 2008, 16:52

Da Viaggio nel silenzio

Revisionismo storico
di Vania Lucia Gaito

Mi hanno colpito molto le dichiarazioni del Papa, rilasciate ai giornalisti sull'aereo che lo portava negli Stati Uniti: "I pedofili saranno completamente esclusi dal sacerdozio" ha detto, "Ci vergogniamo profondamente e faremo tutto il possibile affinché questo non si ripeta".
Non è stato tanto il discorso del Pontefice a meravigliarmi, quanto l'assenza di domande da parte dei giornalisti, fatta eccezione, s'intende, per le domande "compiacenti" che riguardavano il viaggio e le tappe previste.
Nessuno ha chiesto come mai, in questo viaggio, avesse ignorato l'appello delle associazioni delle vittime della pedofilia clericale. Sono giunti da queste associazioni innumerevoli appelli e richieste di incontro con le vittime. Ma non sono neppure state prese in considerazione.
Nessuno ha chiesto al Pontefice "come" intende procedere in questa opera di "pulizia" della Chiesa dai sacerdoti pedofili. Il pedofilo non se ne va in giro con tanto di "marchio di Caino" sulla fronte, individuare un pedofilo è pressocchè impossibile, se non dopo che l'abuso è stato già consumato.

Nessuno ha chiesto al Papa come mai, se è vero quanto afferma, alcuni processi canonici contro i sacerdoti pedofili sono stati "congelati" per essere tirati fuori solo quando il clima si era fatto troppo acceso. Quello contro padre Maciel, per esempio, fondatore dei legionari di Cristo, denunciato fin dal 1978 (senza alcun esito da parte della Congregazione per la dottrina della fede, il cui Prefetto era lo stesso Ratzinger). Quelle denunce contro Maciel furono tirate fuori solo nel 2002, quando Ratzinger diede ordine che "ogni processo avesse il suo corso regolare". Perchè così tardi? E perchè un ordine di questo genere? Un tale ordine fa presupporre che fino a quel momento i processi non avessero avuto un "corso regolare". Ma con l'attenzione dei media di tutto il mondo puntata sull'operato della Congregazione per la dottrina della fede, era ormai necessario salvare il salvabile, cercando di non sacrificare troppo neppure certi sacerdoti "importanti" e di indiscusso potere. Tant'è che sia la causa contro Cantini sia quella contro Maciel non furono mai intentate, a causa "dell'avanzata età". Si provvide ad un pubblico ammonimento e al suggerimento di ritirarsi "ad una vita di preghiere". Salvando così tutto l'apparato che stava dietro i due sacerdoti, i Legionari di Cristo di Maciel e tutta l'intricata vicenda di "forzate donazioni" di patrimoni e di immobili che stava dietro la vicenda di don Cantini. A questo proposito, perchè nessun giornalista ha chiesto al Pontefice come mai sia stato permesso a don Cantini di far ritorno nella diocesi di Firenze, accompagnato da Claudio Maniago, il vescovo ausiliario suo pupillo? A me è sembrato un ulteriore affronto alle sue vittime (una ventina di persone, oggi adulte, ma all'epoca dei fatti pressocchè bambine).

Il Papa trascorre la mattinata alla Casa Bianca, in visita, raggiungerà poi la Nunziatura della Santa Sede. Nel pomeriggio è in programma la visita alla Basilica dell'Immacolata Concezione, nel campus della Catholic University di Washington. In serata è prevista alla Casa Bianca una cena nel corso della quale il presidente Bush accoglierà vari leader cattolici. Domani celebrerà la Messa al nuovo Nationals Park di Washington, incontrerà i responsabili di più di 200 college e università cattoliche alla Catholic University of America e i leader interreligiosi al Centro Culturale Papa Giovanni Paolo II. Da venerdì a domenica a New York, il Pontefice interverrà alle Nazioni Unite, assisterà a un servizio di preghiera con leader cristiani di varie denominazioni, celebrerà l'Eucaristia con sacerdoti, diaconi e religiosi nella cattedrale di St. Patrick, incontrerà i giovani al St. Joseph Seminary di Yonkers, visiterà Ground Zero e presiederà la Messa di chiusura allo Yankee Stadium.

Una visita "pastorale" rivolta ai cattolici, con l'assicurazione che i pedofili saranno completamente esclusi dal sacerdozio. Neppure una sillaba sull'educazione imposta nei seminari, ma molte preghiere per le vocazioni.
Sembra, più che un viaggio pastorale, un'operazione di revisionismo storico e di "ristrutturazione della facciata" della Santa Romana Chiesa. Ma gli americani, dopo Hillary e Obama, non sono stanchi di promesse e discorsi sterili?
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Raccolta di materiale interessante Empty INTERVISTA A GIOVANNI IMPASTATO, FRATELLO DI PEPPINO

Post by Shelby Sun 04 May 2008, 19:59

Da Articolo 21

Peppino Impastato, trent’anni dopo. Giornalisti antimafia mai più soli

di Pino Finocchiaro

"Trent’anni dopo, molto è cambiato. Ma i giornalisti che narrano i fatti di mafia rischiano ancora. E non è giusto che a difenderli siano le scorte delle forze dell’ordine. I giornalisti coraggiosi, quelli che amano ancora condurre inchieste devono avere come unica scorta il consenso della società civile. I primi a far loro da scorta devono essere gli editori, gli altri giornalisti, i lettori". Giovanni Impastato. Lo raggiungo al telefono. E’ al suo banchetto del tabaccaio, in quella pizzeria di Cinisi che è il simbolo della piccola impresa che si ribella. Del negozietto aperto a tutti ma chiuso al pizzo, alle protezioni di zii e nipoti, figliocci e padrini. E’ una Sicilia dove tutti possono sentirsi fratelli anche se non parlano siciliano e neppure italiano. Mi risponde mentre prosegue a vendere quei fiammiferi e quelle sigarette che sono il segno dell’indipendenza della sua famiglia.

Mentre più in là lievita la pasta per la pizza e qualche operaio sporco di calce addenta già un panino con un bicchiere di birra fredda messo lì a liberare i pensieri per le quattro chiacchiere con i compagni che anche per oggi se la sono cavata senza cadere giù dall’impalcatura o finire sotto uno scavo tirato via troppo in fretta e senza puntelli. E’ la Sicilia viva, vera, che lavora e guarda a quel futuro che Cosa Nostra e i suoi servi in giacca e cravatta si ostinano a rubarle.

Peppino Impastato era un giornalista incazzato e senza tesserino. Non aveva tempo da perdere con le scartoffie. Aveva messo su una radio di paese e denunciava gli inciuci tra democristiani e comunisti. Tra mafiosi e imprenditori. Le violazioni urbanistiche per realizzare il vicino aeroporto di Punta Raisi che ora porta il nome di Falcone e Borsellino.

Se ne faccia una ragione quel politico che trova triste l’intitolazione ai giudici antimafia dell’aeroporto del quale Peppino denunciò gli intrecci mafiosi e l’olezzo di corruzione. Dall’8 all’11 a Cinisi nessuno piangerà, saranno giorni di festa e se vuoi di incazzamento. E se qualche lacrima scapperà, inevitabile, stia tranquillo che questi ragazzi di Cinisi che al mattino si cercano un lavoro e alla sera si ritrovano uomini liberi, sapranno dare parole alle lacrime.

Peppino Impastato fu sequestrato e ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978. Il suo corpo fu ritrovato lungo la ferrovia con una carica esplosiva accanto. Un terrorista ucciso mentre preparava un attentato, la facile soluzione del caso. L’assassinio di Moro oscurò la vicenda e persino autorevoli testate di sinistra liquidarono la vicenda accogliendo la tesi del terrorista. Anche a certi comunisti siciliani andava bene quella menzogna. Peppino l’impiccione se l’era voluta. Ma la lunga marcia silenziosa della madre Felicia Impastato non diede tregua ai suoi assassini. Le sue dichiarazioni nette ed essenziali davanti alle telecamere di quei pochi giornalisti d’inchiesta rimasti in Italia scossero il paese e il giorno dei funerali di mamma Felicia c’era l’Italia che crede che Cosa Nostra si può battere. Parte di Cinsi, no.

"Sì, non è come trent’anni fa – mi dice Giovanni, mentre, sento, dà il resto ai clienti - la sua vicenda giudiziaria ha avuto uno sbocco, molti mafiosi sono stati condannati. La legge 109 sulla confisca dei beni comincia a dare i suoi frutti. La mafia stragista è stata attaccata e colpita al cuore. Adesso c’è Addio Pizzo. Ma la mafia come modello culturale e politico c’è ancora. Anzi, la cultura dominante, di riferimento è quella mafiosa. Non solo in Sicilia ma anche in Italia. Ovviamente, non mi riferisco all’ala militare di Cosa Nostra, della ‘ndrangheta, della Camorra, di tutte le mafie, ma alla borghesia mafiosa".

L’antidoto?
"Dobbiamo fare leva sulla cultura. Non dico che la repressione non sia importante. Ma il contrasto alla mafia non può essere ridotto ad un problema di ordine pubblico. Ha una dimensione culturale che va combattuta sin dalle scuole. Dal confronto fra la gente. E’ una priorità per chi ha la responsabilità di informare, formare, educare".

Ecco. Partendo dall’esperienza di Peppino. Cosa dovrebbero fare i media?
"Devono fare di più. Molto di più. Devono prendere coscienza del fatto che otto giornalisti sono stati uccisi perché indagavano sulla mafia e sui suoi rapporti oscuri col potere politico, economico, imprenditoriale.

"Devo dire, però, che i giornalisti il loro dovere lo fanno. Quel che mi impressiona è l’incapacità di indignarsi della gente. Le parole di Dell’Utri e Berlusconi, i loro attestati di eroismo nei confronti di Mangano, sono state riportate, commentate, criticate dai giornalisti ma poi tutto è scivolato via. Come se la cosa non riguardasse la vita di tutti i giorni e la gente non si indigna più".

Perché?
"Perché l’informazione non basta. Perché non basta più fare antimafia nei salotti televisivi. Occorre riscoprire un’antimafia dei bisogni e dei diritti. Un’antimafia che si preoccupi dei problemi quotidiani, che torni tra la gente, che comprenda le necessità. Che faccia comprendere che è proprio la mafia ad inasprire i bisogni, a gestire arbitrariamente lo stato di necessità che lei stessa ha prodotto. E’ Cosa Nostra che cancella i diritti sanciti non solo con le illegalità palesi ma con i favoritismi, i mezzucci, le connivenze. Illuminare a giorno questa radicata cultura mafiosa è l’unico antidoto all’assuefazione popolare".

E che cosa salveresti dei media negli ultimi trent’anni?
"Il giornalismo d’inchiesta. C’è ancora chi prova a farlo. Ma a grandi linee quel tipo di giornalismo non si scorge più.

"Negli ultimi trent’anni? Direi le inchieste dell’Ora. Quelle che non si fermavano ai dispacci di polizia e carabinieri. Quelle che mettevano in luce i rapporti tra mafia ed eversione neofascista. Tra mafia e cavalieri del lavoro. Adesso, invece, scorgo la volontà di non scontentare nessuno. Di essere politicamente corretti. Leggo una scrittura più blanda, più rilassata. Non vedo informazione d’assalto. Certo, comprendo anche le preoccupazioni. Perché un giornalista non dovrebbe mai rischiare la vita. E ancor prima non dovrebbe mai temere di restare solo. Dovrebbe essere sempre sostenuto dal suo giornale, dall’editore".

Insomma c’è una responsabilità sociale nel fare antimafia.
"Certo. Perché non è possibile educare i giovani alla lotta alla mafia senza averli prima educati alla democrazia, alla capacità di comprendere le connessioni con i poteri forti. Ecco. Questo mi preoccupa. Dell’Utri beatifica Mangano e non si indignano? Non reagiscono di fronte a cose così gravi. Poi cala il silenzio. La capacità di intromettersi in ogni piccolo affare della mafia, di raccogliere capillarmente il pizzo non è più un problema di sicurezza. Il problema è il rumeno presunto stupratore. Il rumeno finisce per fare più paura di Cosa Nostra. I lettori non ricordano più cos’è Cosa Nostra col suo immenso potere e le sue immense ricchezze. I lettori temono il rumeno non più i boss. Sono preoccupato, sì. Questo modo di spostare la lettura della verità è un pericolo per la democrazia e per la nostra vita di tutti i giorni. Sono preoccupato. Ma spero nei giovani che ricordano ancora la storia di Peppino e che vengono qui a Cinisi per interrogarsi, per scambiarsi verità, per esercitare il vizio della memoria. La lotta alla mafia cammina sulle loro gambe".

E sono gambe che vengono da lontano. Sul sito del Centro Impastato non appena appare il programma delle manifestazioni per il trentennale dell’omicidio di Peppino si anima il glob, arrivano le adesioni da tutta l’Italia. Tita scrive: "La Valle Camonica ci sarà". Benvenuta Val camonica in Sicilia. Perché se trent’anni hanno insegnato qualcosa ai giornalisti che scriviamo di mafie, quel qualcosa si riassume in poche parole: "Mai più soli!".

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Raccolta di materiale interessante Empty Muore un partigiano. Divieto di cantare Bella Ciao in Chiesa

Post by Shelby Tue 06 May 2008, 21:22

DA Articolo 21

Muore un partigiano. Divieto di cantare Bella Ciao in Chiesa

di Ugo Dinello

Quando hanno sentito del divieto a suonare in chiesa "Bella ciao" a non credere alle proprie orecchie sono stati per primi i suoi parrocchiani. Perché quando don Renato, parroco a Castelnuovo, provincia di Pordenone, profondo Nordest cattolico e antifascista, ha detto che no, la musica per l'addio al povero Egidio Cozzi, che se n'era appena andato tra i più, a 80 anni, dopo una vita passata a ricordare la sua attività di stafetta partigiana e l'emozionante ingresso nel gap, a fare la guerra contro nazisti e i collaborazionisti fascisti, quella musica non si poteva proprio suonare, beh: a sentire don Renato che impediva la musica partigiana ai funerali dell'Egidio, persino i catechisti si sono guardati tra loro. Ma come? Se la fissa di don Renato è la preghiera come "momento d'incontro"? Se in tutta la diocesi (Pordenone - Concordia) don Renato ripete sempre a ogni convegno che "La preghiera intesa come ripetere mnemonico a lungo non soddisfa e , anzi, fa prendere le distanze. Quando invece si vivono momenti forti, che ci appassionano, si educa alla preghiera intesa come incontro, come dialogo, come rapporto concreto. La preghiera dev'essere una relazione di vita vera", tanto che appena nel 2005 lo fece mettere per iscritto agli atti di un convegno diocesano, perché ora impedire questo "momento forte" tra la storia e la fede di un vecchio conosciuto in tutto il paese, che per il funerale aveva chiesto che la banda gli suonasse "Bella ciao"? Una canzone che è una preghiera: porta un fiore sulla mia tomba.

Che poi Castelnuovo mica è un posto qualsiasi. Nella storia partigiana qui è nata la "Garibaldi Natisone", qui si è svolta una storia feroce legata all'amor di patria tra partigiani patrioti e fascisti venduti all'invasore tedesco che aveva anesso questa zona d'Italia al Reich e si era portato qui perfino i cosacchi "bianchi", ferocissimi accanto alle Ss, tra rastrellamenti , agguati e crimini nazisti sui civili.

Non a caso proprio di Castelnuovo è una delle pochissime partigiane combattenti, 19 in tutta Italia, insignite di medaglia d'oro al valor militare: quella Tonelli Virginia, classe 1903, tra i responsabili politici di molte brigate che, catturata a Trieste dai tedeschi, pur di non rivelare le importantissime informazioni in suo possesso, resistette senza aprire bocca a 20 giorni di torture della Gestapo a Trieste, tanto che i suoi aguzzini, esasperati, la bruciarono viva. Mica acqua fresca. A Castelnuovo le storie come quelle della Virginia sono più d'una.

In paese c'è chi ha malignato su una risorta passione politica di don Renato che "messo di fronte al rosso attaca come un toro". Mah. C'è chi ha parlato di un precedente che il vescovo Poletto aveva tirato fuori: un concerto di musica "inappropriata" in una chiesa. Passi pure questa. Ma quando la famiglia dell'Egidio, gente pratica, ha detto, eh vabbè, abbiamo capito, allora la musica alla buon'anima gliela suoniamo all'uscita, sul sagrato, fuori dalla chiesa, si è vista opporre un altro rifiuto: il sagrato è della parrocchia e là decido sempre io che sono il parroco.

A questo punto, pratici sì, ma a tutto c'è un limite. Musica partigiana voleva l'Egidio e musica partigiana sarebbe stata, con o senza parroco. E pur di fargli sentire per l'ultima volta "Bella ciao", i familiari hanno scelto il rito civile.

"Scarsa sensibilità del parroco verso un morto", spiegano composti i familiari.

"Applicazione delle regole che normano le funzioni religiose", ha risposto il parroco.

In paese il povero don Renato si è subito beccato un soprannome, perché in fondo, una canzone che chiede un fiore sulla tomba per uno degli uomini che hanno difeso la Patria dai suoi aguzzini, anche a farla in chiesa non era sbagliata, anzi, sarebbe stato "un momento forte d'incontro e di preghiera". E allora per il paese il parroco è diventato "don bausar", che tradotto dal friulano significa: "colui che predica bene e razzola male". Oppure: "che le spara un po' grosse". O ancora: "bugiardo". Insomma: per la traduzione fate voi.
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Post by Shelby Tue 06 May 2008, 21:26

Ormai anche i soli ricordi partigiani sono un insulto. Ho paura di immaginare cosa ci accadrà.
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Post by Shelby Tue 13 May 2008, 21:22

Dal Blog di Dario Fo

Dario Fo: "Contro Travaglio un'azione bipartisan"

A proposito della bufera esplosa in conseguenza delle parole di Travaglio da Fazio, mi viene in mente un commento di Gianni Rodari, col quale il poeta apre un suo testo:
"Le parole sono come pietre. - dice - Lanciate nello stagno producono cerchi concentrici che s'allontanano dai tonfi allargandosi fino alla riva. Quelle pietre hanno spaventato gli uccelli e i pesci che schizzano via... nessuno si cura delle rane e delle carpe colpite dai sassi. La parola muove l'acqua, creando scompiglio e sgomento. Se ne approfittano alcuni passanti che raccolgono veloci rane e pesci che galleggiano storditi."
Assomiglia un po' al cataclisma innescato da Travaglio l'altro giorno a 'Che tempo che fa'.
I commenti tratti da un libro scritto da Marco insieme a Peter Gomez ed edito un mese fa, hanno sdegnato ed anche sconvolto gli inquilini dello stagno. Perfino alcuni pesci rossi, in verità un po' sbiaditi, sono letteralmente guizzati fuori dall'acqua in una danza d'indignazione!
Ma che suono avevano quelle parole lanciate nella calma gora? E' semplice....ricordavano amicizie e frequentazioni ambigue fra l'appena eletto Presidente del Senato, Renato Schifani, e alcuni figuri di capi cosca mafiosi. Ma attenti: lo Schifani (strana onomatopeica di un nome) non s'è gettato furente insieme ai suoi numerosi sostenitori contro il libro di prevedibile enorme tiratura, ma contro le parole dette attraverso un mezzo - la televisione - che normalmente si occupa di giochi per famiglie, concorsi fra giovani disposti a esibire cosce e glutei, telegiornali disinformanti, vacui e noiosi.... Sta qui lo scandalo! In quella stessa acqua incolore, le pietre scagliate hanno prodotto un'eco insopportabile.
Tant'è che Renzo Lusetti della Margherita, partito Democratico, ha urlato: "....il direttore generale Rai, Cappon, deve prendere provvedimenti concreti, cioè a dire sanzioni, interdizioni dal video...." E poi aggiunge disperato "Purtroppo la Rai non si decide mai".
S'indigna Luigi Bobba del Pd: "La televisione che fa Santoro con Travaglio è come un format (cioè a dire roba tipo Grande Fratello): essa estremizza solo un punto di vista (cioè 'Chi è quel mafioso? Che ci fa Schifani con lui?') Si vuole dimostrare una tesi, poi si monta il materiale. Risultato: danni anche politici."
Bella questa del format! Cioè chi preconfeziona un discorso e lo avalla con delle prove è un indegno mestatore!
Da cui si evince che tutti i grandi scrittori, poeti, registi di questo mondo sono manipolatori infami, furbacchioni abietti.... a partire da Dante, che scriveva pure in rima!
E' un esercito di protestatori offesi da sinistra al centrosinistra, a destra un po' a sinistra, a destra senza sinistra fino ai fasci littorio ante litteram.
Infatti alle parole di Travaglio s'è indignato perfino Ciarrapico: cinque processi, cinque condanne, oggi senatore del Popolo delle Libertà.
Ma attenti, non c'è di che farci troppo sollazzo satirico. Questo schizzare di indignati prelude a un'azione questa volta sì preconfezionata e terribile. Bipartisan.
Finalmente destra e sinistra si ritrovano coinvolte dentro a una medesima cultura: quella dell'insofferenza verso la satira e la denuncia di ogni illecito.
Qui fate attenzione, non si tratta di occasionali esternazioni prodotte da un fastidioso ronzare contestatorio.... Qui, per la prima volta, dentro tutto o quasi l'arco politico del nostro Paese si è deciso di imporre il silenzio, la pace dello spirito e soprattutto delle idee.
"Basta con l'antipolitica" come ripetono gli eletti dello stagno e le rane sopravvissute all'ultimo conflitto "eliminiamo i mestatori".
Come dice la canzone: "Silenzio. Zitti e basta di gracchiare!" Si chiude. Piantatela con le denunce non controllate, le inchieste sopra le costruzioni abusive, le accuse di appalti truccati, con concorsi dove i vincenti sono già stabiliti. Smettiamola di eccitare gli animi, soprattutto le menti dei giovani e dei pensionati, a costo di annullare qualche garanzia di libertà e persino di democrazia.
In poche parole, interriamo lo stagno. Sabbia, per favore! Via le rane, pesci e uccelli. Guai a chi gracchia e rompe il silenzio di chi governa unito.
DARIO FO
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Post by Shelby Wed 14 May 2008, 21:29

Da Repubblica

Botta e risposta a Montecitorio durante le dichiarazioni sulla fiducia
L'ex pm, interrotto, si appella al presidente. E la risposta scatena la polemica
In aula la gaffe di Fini con Di Pietro
"Interruzioni? Dipende cosa si dice"


ROMA - "Presidente, mi interrompono". "E' naturale, e poi dipende da cosa si dice...". Botta e risposta, in aula, tra Antonio Di Pietro e Gianfranco Fini. E prima polemica per il neopresidente della Camera.

A Montecitorio Silvio Berlusconi ha appena finito la sua replica dopo il dibattito sulla fiducia. Cominciano le dichiarazioni di voto. Tocca a Di Pietro. Il suo intervento è molto duro nei confronti del premier. Piu' di una volta l'ex pm viene interrotto da deputati della maggioranza. ''Lasciatelo parlare'', dice Fini rivolto ai suoi ex compagni di schieramento. Ma il leader dell'Idv, nuovamente interrotto, si rivolge direttamente a Fini chiedendo un suo intervento.

E' a questo punto che il presidente pronuncia le parole che scatenano la polemica: "Onorevole Di Pietro lei sa che e' abbastanza naturale che ci siano interruzioni''. Anche se, aggiunge, ''dipende da quello che si dice''.

Immediata la replica: ''Ha ragione signor presidente, dipende da quello che si dice perché non bisogna disturbare il manovratore...''.

Botta e risposta rapido e dai toni secchi, ma non è finita qui. Subito dopo Di Pietro, infatti, interviene per la sua dichiarazione di voto l'ex presidente della Camera e leader dell'Udc, Pierferdinando Casini. Che inizia proprio rivolgendosi a Fini: "Dissento da ciò che ha detto Di Pietro, ma le ricordo che i parlamentari non possono essere sindacati nelle loro opinioni. Anche perché sarebbe un precedente pericoloso''.

"Una scivolata provocata dal fatto che è la prima volta per lui, non voglio pensare che è un istinto per il partito cui è appartenuto", commenterà alla fine l'ex pm. "Non voglio criminalizzare un comportamento che è stato un errore di conduzione. Una seconda chanche non si nega a nessuno".

L'interessato, in Transatlantico, cerca di chiudere la questione. E si trincera dietro un no comment. E ai cronisti che gli chiedono una opinione sulle affermazioni di Casini replica: "Lei da quanto tempo sta qua? Perchè fa domande fuori luogo...le pare che io esco fuori per commentare?".

(mi preoccupa anche questo, però vabbè)
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